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L'ORA DI DISEGNO TECNICO
Nel decorso dei quattro anni di Istituto, nelle sezioni riservate ai futuri geometri, veniva impartito l'insegnamento di una delle materie più interessanti : il disegno tecnico. Designato all'insegnamento della materia era il prof. Fornaini, esimio architetto, che nel corso della sua lunga esperienza di valido professionista, ancor parecchio tempo prima di occupare il posto di insegnante presso l'Istituto "V. Bottego" di Asmara, aveva partecipato con notevole successo a vari progetti di natura socio-politico-culturale, a nome e per conto delle Autorità Governative dell'ex Colonia Italiana, distinguendosi durante questa prima fase della sua la brillante carriera, senza ovviamente escludere il successivo, gravoso e finale onere dell'insegnamento del disegno tecnico.
Era doveroso fare una succinta panoramica del consistente lavoro esplicato dall'architetto in Africa Orientale Italiana; sebbene ora, per chi non lo avesse conosciuto, diventa imperativo doverlo descrivere, con tutto rispetto e modestia, dal punto di vista umano, caratteriale e professionale, almeno per quelle che sono state le mie esperienze personali.
L'architetto Fornaini era di pura estrazione toscana e più esattamente senese. Di bassa statura, sempre elegantemente vestito, coi capelli nerissimi, lisci, impomatati e pettinati all'indietro, tanto che a distanza sembrava portasse un aderentissimo cappello nero. Spesso lo si incontrava camminare con passo spedito nei viali più frequentati della città. Ricambiava il saluto dei suoi alunni con un rapido gesto della mano senza interrompere la sua andatura da maratoneta. Se però gli capitava di incrociare con lo sguardo una giovane signora elegante, che spesso poteva essere la mamma di un qualche suo alunno, si fermava di botto, poi senza esitazione ripartiva, accelerando l'andatura per raggiungerla, magari sul marciapiede opposto. Attenendosi alle più esigenti e scrupolose regole del galateo, prendendo la mano della signora, la baciava con un inchino e quindi si soffermava per esternare i suoi complimenti e apprezzamenti significativi per l'abito elegante, per le scarpe perfettamente in tinta, per il gradevole incedere femminile e quant'altro potesse stimolare la "prescelta" ad esternare la sua gratitudine per i pregevoli complimenti ricevuti. Era un modo elegante, signorile e certamente discreto per manifestare il suo mascolino interesse nei confronti del "gentil sesso" da cui veniva irrimediabilmente attratto.
Nell'ambito della scuola e dell'insegnamento, il professore era di carattere gioviale, scherzoso quel tanto che basta. Sarcastico e ironico al momento opportuno, con spiritose battute di natura inconfondibilmente toscana. Disponibilissimo al colloquio educato e costruttivo, con particolare riferimento alla sua materia, tuttavia risoluto, determinato e puntiglioso nell'insegnamento del disegno tecnico, il professor Fornaini induceva a far risaltare negli elaborati di disegno quella impercettibile vena architettonica che magicamente impreziosiva tutti i componimenti degli studenti che avessero apprezzato le sue regole ed i suoi trucchi. Il professore, infatti, sapeva con tanto zelo trasmettere a noi giovani l'entusiasmo che ci avrebbe ispirato al meglio. Debbo inoltre aggiungere che tendenzialmente era molto elastico nel senso del "vivi e lascia vivere". Questa condizione veniva applicata in molteplici occasioni durante l'anno scolastico quando l'architetto, appassionatissimo di calcio italiano e strenuo tifoso della Fiorentina, veniva inesorabilmente colpito dalla febbre del totocalcio con impegno inverosimilmente accanito. Capitava, infatti, che l'esigenza di compilare le tante schedine del totocalcio con sempre nell'animo l'imperitura speranza di una vincita milionaria e la preoccupazione di poterle inoltrare in Italia in tempo utile e cioè prima del torneo calcistico della settimana successiva, lo spingesse, piuttosto che alla stesura di una nuova lezione di disegno, alla compilazione di un cospicuo numero di schedine che estraeva dalla sua voluminosa valigetta di morbida pelle nera. Dopo averci esortato a prodigarci nell'elaborazione di un disegno a nostro piacimento, senza l'impegno di doverlo consegnare in quella stessa data, a testa bassa iniziava a compilare le schedine farfugliando: "1, 2, X - X, 2, 1 - 2, X, 1" e via di seguito, a seconda del giudizio strettamente personale di quale delle squadre avrebbe potuto vincere, perdere o pareggiare.
Sotto l'egida dei vari scudetti delle squadre italiane, per noi studenti queste pause rappresentavano la manna dal cielo. Il compito frettolosamente assegnatoci poteva aspettare, lo avremmo potuto fare anche a casa e consegnarlo la volta successiva. Con circospezione, uno alla volta ci si avvicinava alla cattedra dove, dopo aver sbirciato la compilazione di una qualche schedina, qualcuno con un minimo di infarinatura calcistica, azzardava un suggerimento positivo, negativo o di parità per una o l'altra squadra in lizza. Il professore, letteralmente immerso nei suoi pensieri, ovviamente fortemente dubbioso dei punteggi assegnati, senza alzare la testa; pertanto senza la benché minima percezione che la classe era interamente intorno alla cattedra, alcune volte accettava il suggerimento suggellato da una ricercata premonizione dello studente e, apportando le modifiche, soggiungeva: " se mi fai perdere, te fo una nota di demerito!".
L'incanto svaniva se malauguratamente qualche ragazzo suggeriva la quasi scontata sconfitta della Fiorentina, basando questa affermazione sulla indiscutibile superiorità della squadra avversaria rispetto alla Fiorentina. Non c'erano giustificazioni, al massimo si poteva accettare uno scontro in parità, mai una sconfitta! A dimostrazione, il professore guardava furente l'alunno e alzandosi in piedi, additandolo sentenziava: " tu fai l'uccello del malaugurio, sparisci, altrimenti la prossima volta che incontro il tu babbo, te faccio fare una bella lavata di capo!". Il malcapitato tornava umiliato al banco.
Il contrattempo riportava il professore alla realtà. Rendendosi conto di essere accerchiato dall'intera classe, visibilmente preoccupato che il Preside potesse fare una visita a sorpresa, ricacciava rapidamente tutti ai propri posti per comunque concludere senza interferenze l'elaborata compilazione delle schedine rimanenti: non poteva rinunciarvi!!.....
A conclusione, sebbene mi sia attardato un po' nel descrivere episodi di natura essenzialmente umana, ecco una nota importante che testimonia le incomparabili capacità tecnico-architettoniche del professore.
Ricordo che in una delle diverse occasioni in cui era stato assegnato un compito in classe con le solite due ore per il completamento dell'elaborato di disegno e conseguente consegna, il professore, solito a spostarsi da un banco all'altro per suggerire a questo o a quell'alunno soluzioni tecniche per apportare migliorie al disegno stesso, in una di queste occasioni si soffermò presso un banco e notato un francobollo appoggiato sul lato superiore sinistro del foglio da disegno di un alunno, lo prese per osservarlo attentamente, quindi chiese a chi appartenesse. Lo studente, visibilmente preoccupato, confessò che il francobollo era suo, aggiungendo che lo aveva portato per mostrarlo al compagno di banco, essendo ambedue appassionati filatelici. Il professore, con un cenno di compiacimento chiese al ragazzo di consentirgli di cedergli il francobollo per un'ora circa, perché interessato a riprodurre la minuscola aquila stampata sullo stesso. Lo studente tranquillizzato dalla richiesta, accettò senza indugi. Intimando alla classe di fare silenzio. l'insegnante si allontanò per qualche minuto e rientrò portando un foglio da disegno di considerevoli dimensioni che stese e appuntò sulla cattedra iniziando la certosina, difficile opera di elaborazione a carboncino. La seconda ora volgeva al termine per cui la classe iniziò a consegnare sulla cattedra l'elaborato.
La constatazione della destrezza e maestria con le quali il professore stava portando a termine l'opera di riproduzione dell'aquila, da scala ridottissima a scala quasi reale, ci lasciò allibiti. L'aquila appariva nella sua magnificenza di indomito rapace e sembrava che con le ali spiegate fosse in procinto di spiccare il volo. La classe ancora una volta era tutta intorno alla cattedra, non certo per elargire suggerimenti di vittoria, perdita o pareggio delle squadre di calcio, bensì per accompagnare con uno scrosciante battimano l'ultimo tocco di carboncino al disegno. Il professor Fornaini, ringraziandoci per il riconoscimento così calorosamente espresso da noi tutti, riconsegnato il francobollo allo studente, ci pregò di ritornare ai nostri posti a scanso di un'invasione di campo da parte del Preside che avrebbe potuto sentire il prolungato, inusuale battimano. Suonata l'ora della ricreazione, il professore, dopo aver staccato il grande foglio dalla cattedra, lo arrotolò con precauzione e dopo averne fermato i bordi ed il centro con nastro adesivo si allontanò con il prezioso carico sotto il braccio salutandoci.
Qualcuno si soffermò in classe per commentare la geniale, straordinaria abilità dell'architetto Fornaini. Il piccolo, grande uomo ci aveva conquistati, rendendoci consapevoli di essere fortunati ad avere un insegnante così geniale e generoso.
Vincenzo